Sull’isola di Jeju, nella Corea del Sud, esiste una tradizione femminile che per secoli ha determinato la realtà di intere generazioni di donne: queste donne sono le haenyeo, ovvero “le donne del mare” o anche “sirene asiatiche”. Le haenyeo sono una comunità di pescatrici di Jeju che praticano da più di mille anni la pesca subacquea. Le donne vivevano grazie al mare e a ciò che aveva da offrire. Questa tradizione nacque intorno agli anni del 1900, quando il Giappone decise di invadere la Corea, e tutti gli uomini furono allontanati dalle proprie famiglie e si convertirono in armi da guerra.
FIGLIE DEL MARE di Mary Lynn Bracht racconta la storia d’amore di due sorelle haenyeo, con sfondo la tragedia della Guerra Giapponese, un doloroso pezzo di storia che senza questo romanzo non avrei mai conosciuto e disprezzato.
Nella Corea del 1943 furono migliaia le donne e le bambine coreane rapite dai soldati giapponesi e ridotte a schiave sessuali per i militari. Di tutte quelle donne, che furono etichettate con il nome di comfort women, ad oggi solo quasi quaranta sono ancora vive per testimoniare l’inferno vissuto, risultato di una guerra che non ha avuto pietà di nessuna vita. Neppure della vita di Hana.
Hana ed Emi sono le due protagoniste di cui l’autrice si serve per raccontare questa parte di storia che in Occidente quasi non conosciamo, o peggio, ignoriamo.
Tutti i sogni di Hana si infrangono il giorno in cui si sacrifica per salvare la sorella minore da un destino orribile, che diventa poi suo. Hana viene catturata da Morimoto, un soldato giapponese che la deporta in Manciuria per abbandonarla in una “casa di piacere” per soldati, dove si prostituirà contro la sua volontà.
Hana cercherà in tutti i modi di tornare a casa salva, senza mai perdere il coraggio e la speranza. Affronterà la fame, la paura, il dolore, l’annullamento di sé, la morte, tutto questo e molto peggio solo con il tentativo di rivedere la sua famiglia.
Il romanzo alterna continuamente la storia di Hana nel 1943 alla storia di Emi nel 2011, che a distanza di anni ancora aspetta il ritorno della sorella. I due punti di vista non sono irrilevanti o lasciati al caso, la Bracht mostra al lettore due realtà parallele: la realtà di chi ha vissuto la guerra dall’interno, e la realtà di chi l’ha vissuta dall’esterno e ne resta segnato per sempre. Emi non riesce a dimenticare la sorella, non riesce ad accettare ciò che le è successo. Il sacrificio della sorella per Emi è un macigno sul cuore a cui non può essere indifferente. Entrambe sono vittime, entrambe perdono l’innocenza e se stesse.
Le Figlie del Mare è un romanzo difficile e crudo che è possibile leggere solo con volontà e dedizione. Mentre leggevo la storia di Hana mi sono sentita violata, strumentalizzata, insultata, ripudiata, umiliata, non come essere umano, ma come donna. Ho provato lo stesso odio che Hana prova per il suo rapitore. Ho provato la stanchezza e la pesantezza di un pezzo di storia in cui l’uomo ha fallito miseramente e ancora.
Hana racconta con precisione i momenti in cui viene violentata, in cui vede morire le altre giovani ragazze, se non bambine, che non riescono ad affrontare una tale violenza. Una violenza che lascerebbe vuota qualsiasi donna. Hana soffre a tal punto che vede nel suicidio l’unica strada verso la libertà.
Come si è capito, ho sentito tanto “mio” il personaggio di Hana. Probabilmente perché avrei fatto lo stesso al suo posto, perchè ogni cosa che lei racconta è lo stesso sforzo, tentativo, pensiero che avrei potuto avere io.
Qualche giorno fa mi sono ricordata questa frase: “E’ più facile morire che assistere alla morte di chi ami.” E’ difficile capire se sia più coraggioso sacrificarsi e morire per qualcuno che ami, o se sia più coraggioso vivere sapendo che qualcuno abbia dato la sua vita per la tua.
Probabilmente ed egoisticamente, avrei preferito essere Hana, piuttosto che vivere come Emi.
Consiglio questo romanzo a chiunque, che con un briciolo di audacia, voglia “rivivere” per qualche ora una drammatica pagina di storia strappata via e dimenticata. Mary Lynn Bracht alla fine scrive al lettore:
La guerra è orribile, brutale e ingiusta, e quando finisce sono necessari scuse ufficiali, riparazioni e omaggi ai sopravvissuti, la cui storia deve essere ricordata. […] E’ nostro dovere informare le generazioni future sugli orribili crimini che si commettono in guerra. Non dobbiamo nasconderli o fingere che non siano mai accaduti. Per non ripetere gli errori del passato, dobbiamo ricordarli. Libri di storia, canzoni, romanzi, film e memoriali sono importantissimi per aiutarci a non dimenticare mai e allo stesso tempo per procedere lungo la strada della pace.
Ad agosto mi sono ritrovata questo libro tra le mani grazie al Gruppo di Lettura di Zia Fenice, un progetto culturale veramente valido che, da quando mi è stato presentato, cerco di supportare con positività e grinta. E’ un gruppo nato da pochissimo e ancora in formazione, rivolto a tutti gli amanti della lettura e della condivisione. Per darci un’occhiata e/o entrarne a far parte basta semplicemente cercare su Facebook → I bookstoppisti di Zia Fenice e iscriversi!
Ne vale la pena.
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