MINARI: 6 Nomination agli Oscar 2021, tra cui come “Miglior film”, “Miglior regia” e “Miglior sceneggiatura”. Ma comunque andrà, per tutti noi ha già vinto
Scrivere un articolo su Minari non è un compito da prendere a cuor leggero. È un film così intriso di vita e umanità che va maneggiato con cura e rispetto. Pur non essendo ancora arrivato in Italia, Minari ha già conquistato tutto il resto del mondo con la sua poetica autenticità, tanto da aver vinto due premi al Sundance Film Festival 2020, un Golden Globe come “Miglior film straniero”, e ricevuto sei candidature ai Bafta e altre sei agli Oscar 2021.
Minari – prodotto dalla Plan B Entertainment di Brad Pitt e distribuito da A24 – è il dramma semi-autobiografico di Lee Isaac Chung, regista americano nato a Denver da genitori coreani immigrati. Dopo due film di finzione e un documentario in inglese, Chung ha deciso così di scavare nel suo passato e di creare un film che riflettesse non semplicemente “l’esperienza di immigrato”, ma la profonda solitudine di una famiglia.
Durante il suo discorso di ringraziamento ai Golden Globe, il regista Lee Isaac Chung ha affermato: “Minari parla di una famiglia. Una famiglia che cerca di imparare a parlare un linguaggio proprio. Una lingua che va più in profondità di quella americana e di qualsiasi altra straniera: è il linguaggio del cuore.”
La storia bucolica di un “american dream”
Sono gli anni’80 quando Jacob Yi (Steven Yeun) e la sua famiglia di immigrati sudcoreani si trasferiscono dalla California ad una fattoria dell’Arkansas. Stanco di sopravvivere alla giornata e di accettare solo lavori alienanti, Jacob decide di inseguire il suo sogno e di avviare un’attività agricola specializzata nella coltivazione di ortaggi coreani. Ma iniziare nuovamente da zero comporta tanti sacrifici e compromessi: per questo motivo Monica (Yeri Han) – cercando di tenere insieme la famiglia – chiede aiuto a sua madre, Soonja (Youn Yuh-jung). La nonna si trasferisce così dalla Corea a casa loro, diventando un punto di riferimento soprattutto per i due bambini: il piccolo e curioso David (Alan Kim) e la giudiziosa Anne (Noel Cho).
“Ho cercato di mantenere una certa distanza dalla mia esperienza personale. Volevo far sentire a me stesso che questa non è la mia famiglia, che questa è un’altra famiglia, una nuova famiglia. Quindi ho cambiato tutti i loro nomi e molti dettagli non appartengono a ciò che è successo alla mia.
Nonostante ciò, spesso le emozioni si insinuavano in alcuni momenti delle riprese, e mi ritrovavo a rivivere vagamente il mio passato. Quindi sì, ci sono state volte sul set in cui mi sono sentito più emozionato di quanto avrei voluto – e non è sempre stata una buona cosa per la regia – mentre altre volte in cui ho sentito come se stessi imparando molto anche sulla mia vita e sulla vita in generale.” – ha spiegato Lee Isaac Chung durante l’intervista per il Golden Globe.
Il Minari cresce ovunque…
Il Minari – noto anche come sedano d’acqua o prezzemolo giapponese (oenanthe javanica) – è un’erba molto popolare nelle cucine asiatiche. Questo ortaggio è tipico dei climi temperati e tropicali e cresce su terreni umidi e, proprio come nel film, lungo le rive dei ruscelli.
“Il minari cresce ovunque, come le erbacce. Così chiunque può raccoglierlo e mangiarlo. Ricco o povero che sia, chiunque può cibarsene ed essere in salute. Il minari può essere utilizzato nel kimchi, nello stufato, nella zuppa. Può essere una medicina se sei malato. Minari is wonderful, wonderful!” – Soonja, Minari
… un po’ come una poesia
Il Minari è il cuore pulsante dell’intero film, la metafora più bella di questa poesia. Il Minari è la famiglia stessa che per seguire il proprio sogno sceglie di piantare radici in America. È la tradizione, la rinascita, la resilienza ed il coraggio del viaggio. Il Minari è il sogno di Jacob, il sogno di voler ricreare un po’ di Sud Corea in America: Jacob vuole restituire il sapore di casa a quei 30mila coreani che ogni anno migrano negli Stati Uniti.
Il Minari è la nonna che, in un ambiente instabile e scosso dai litigi dei genitori, riesce ad essere l’ingranaggio mancante all’intero meccanismo familiare. Soonja è la nonna di tutti noi, o quella che avremmo dovuto avere: si mostra fin da subito una maestra di vita comprensiva ed essenza della famiglia. Non è una nonna impeccabile ma è una nonna amorevole e presente, ed è proprio grazie a lei che la famiglia riesce ad accettare un nuovo inizio.
“Direi che ci sono molti significati metaforici per questo. Ma non so come esprimerlo a parole, ed è per questo che il film è Minari. ” – ha detto Lee Isaac Chung – “Per me, tuttavia, simboleggia davvero molto di mia nonna e del sentimento che provo per lei. Ed il fatto che mia nonna abbia effettivamente portato il minari dalla Corea negli Stati Uniti. A me piace pensare che la poesia e l’arte cerchino di contenere un’idea inesprimibile. È così che è nata l’idea di usare Minari.”
Minari sfida le differenze culturali
Se da un lato il valore di Minari è stato ribadito più volte al pubblico con l’assegnazione di numerosi premi, dall’altro lato proprio la sua candidatura – e poi vincita – come “Miglior film straniero” ai Golden Globes ha sollevato non poche critiche. Prime fra tutti, quelle di registi ed attori che hanno espresso la propria indignazione per aver valutato Minari un film straniero solo perché non soddisfaceva il requisito dei Golden Globes per cui un film non può essere ritenuto americano se non ha almeno il 50% dei dialoghi in inglese.
A tal proposito, la regista Lulu Wang (The Farewell) ha affermato: “Minari è il film più americano dell’anno. La storia di una famiglia di immigrati, in America, alla ricerca del sogno americano. È fondamentale che vengano cambiate queste regole antiquate, che definiscono ciò che è americano solo in virtù della lingua inglese”.
Riflettendoci bene, Minari è un film con un regista americano, un attore protagonista americano ed una società di produzione americana. In più è un film interamente ambientato in America. Può quindi la lingua, per un paese multiculturale come l’America (probabilmente il più multiculturale al mondo), essere un dato determinante?
“Minari grows: it comes in the pockets of immigrants, dies in the first year, thrives in the second and purified the water and soil around it.”
“Minari cresce, entra nelle tasche degli immigrati, muore il primo anno, prospera nel secondo, purificando l’acqua e il terreno intorno.”
Minari è ciò di cui abbiamo bisogno ora
Minari è la storia di cui avevamo bisogno in questo momento storico. È la storia dell’hic et nunc, della famiglia, dell’integrazione, della speranza e della fede, del rapporto con la natura e dell’essenzialità. Lee Isaac Chung, nel tentativo di ricreare un’evocazione romanzata della propria infanzia, è riuscito a ricreare la vita su uno schermo. Tutto ciò che ci circonda ogni giorno, il caos di cui siamo abituati, in Minari viene ridotto ai minimi termini: tutto l’effimero brucia per far spazio a ciò che conta davvero nella vita e che spesso svalutiamo.
Con un cast spettacolare ed una storia semplicissima, Minari ha mostrato ancora una volta quanto la cinematografia coreana abbia da insegnare a tutto il mondo.
“Il vento sta soffiando e il minari si inchina: ti ringrazio!” – Soonja, Minari