Oramai The Walt Disney Company ha preso a cuore l’obiettivo di far conoscere gli intramontabili classici Disney anche alla nuovissima generazione. Come? Con dei remake in live-action!
In teoria, il primo e proprio remake Disney in live-action uscì nelle sale nel 1996, con il film La carica dei 101, coprodotto dalla Great Oaks Entertainment e dalla Walt Disney stessa. In pratica, invece, i primi veri e propri successi mondiali sono arrivati con il remake di Alice in Wonderland nel 2010 (un capolavoro, a mio modesto parere), incassando più di un miliardo di dollari, e poi nel 2017 con La Bella e la Bestia.
Ad ogni modo è innegabile: il 2019 è l’anno dedicato al ritorno dei classici Disney! Infatti, Dumbo è solo il primo remake dell’anno, successivamente seguiranno nelle sale anche Aladdin a maggio e Il Re Leone a luglio.
DUMBO è stato il primo remake in live-action uscito al cinema quest’anno il 28 marzo, diretto dall’artista visionario Tim Burton e con un cast di talenti hollywoodiani come Danny DeVito, Colin Farrell e Eva Green.
La scelta di affidare la direzione a Tim Burton è stata una scelta molto chiacchierata (e criticata) prima ancora dell’uscita del film nelle sale. E’ risaputo che il genio creativo di Burton non è artisticamente compreso e apprezzato da tutti, soprattutto quando il pubblico a cui il film è indirizzato è un pubblico di famiglie e bambini. Ma Burton non è nuovo al mondo Disney, prima ancora di Dumbo, il famoso regista americano si è dedicato ai due film di Alice in Wonderland, che come vi avevo introdotto, sono stati i primi prodotti remake a riscuotere l’attenzione del pubblico. Quindi, seppur discutibile, c’è da ritenere che la scelta è stata più che studiata dalla Disney Company.
Ovviamente, non aspettatevi lo stesso lavoro de La sposa cadavere , o di Edward mani di forbici. Nel nuovo film Disney l’estro artistico di Burton è “filtrato”, tanto da essere espresso quasi solamente nelle scelte scenografiche (a tratti un po’ creepy) e nei colori (un esempio, avete fatto caso al cielo nelle diverse scene?).
Come accade spesso, il film differisce in alcuni punti dall’omonimo cartone di settant’anni fa: alcuni personaggi vengono abbandonati per far spazio a molti più nuovi; nel film la realtà “occupa” più spazio ( cioè, intendiamoci, Dumbo non arriva dalla mamma con un passaggio dalla cicogna, come accadeva anni fa nel cartone) e in più gli animali non possono parlare ma sono dotati di un’estrema e sviluppata emotività, paragonabile alla sensibilità umana.
Possiamo dividere il film in due parti: una prima parte dove vengono presentati i nuovi personaggi e il piccolo Dumbo, una seconda parte incentrata sullo sviluppo della storia e sull’azione.
La TRAMA: Holt Farrier torna a casa dalle trincee nel secondo dopoguerra e si ritrova ad affrontare una situazione ancor più delicata della guerra: ha perso la moglie, deve costruire un rapporto con i suoi due figli Molly e Joe e, come se non bastasse, il circo dove lavorava prima di arruolarsi è in crisi economica. Il proprietario del circo, Max Medici, decide di acquistare una mamma di elefante Jumbo in dolce attesa per trasformare il cucciolo nella nuova star dello spettacolo. Tutte le speranze, però, cadono alla nascita del piccolo Jumbo che è diverso da tutti gli altri, tanto da guadagnarsi il nome Dumbo (che vuol dire “stupido”). Ma ben presto, i giovani Molly e Joe scopriranno che Dumbo è in grado di volare.
Il linguaggio e lo stile narrativo sono molto semplici ed essenziali. Le scene si susseguono in modo ordinato e preciso, e anche quelle più ricche di azione sono cadenzate e chiare. La recitazione degli attori (eccetto quella dei bambini) è molto teatrale ed è rilevante l’espressività che utilizzano per rendere comprensibili al meglio i sentimenti dei personaggi. Tutti questi elementi rendono il film “a prova di bambino”.
Il film è lampante: niente richiede un’ interpretazione e niente ha doppie letture. Tutto ciò che c’è da capire è già narrato o presentato nei dialoghi tra i personaggi. Tutto è estremamente chiaro, anche i personaggi principali sono quasi “piatti”, cioè non hanno una particolare evoluzione nel corso della storia.
Gli effetti speciali sono gli stessi che caratterizzano il mondo Disney degli ultimi anni: ben fatti e magnifici.
Burton conserva tutti i temi principali del classico originale: primo tra tutti il tema del saper accettare e apprezzare la diversità, che nel film non è solo rappresentata dal piccolo Dumbo, ma anche da Holt e dalla piccola Milly. Ciò che ci rende diversi ci rende anche unici, ed è solo una ricchezza.
Altro tema fondamentale è l’amore materno e il saper crescere affrontando le difficoltà che la vita presenta. A questi temi si aggiungono però di nuovi: alla maternità si affianca anche la paternità che, pur se in maniera diversa, è comunque una figura essenziale; l’ emancipazione femminile rappresentata da Molly, che ha un sogno fuori dalle possibilità della donna di quel tempo; il concetto di famiglia allargata; e come ulteriore tematica si ha il parallelismo tra la piccola bottega (il Medici Circus) e l’industria (il Dreamland di Vandevere).
La tematica che più ho apprezzato e più mi ha fatto sognare è stata quella del presentare alla fine l’attività circense senza animali. Una tematica che mi sta a cuore e che fin da piccola, con l’originale capolavoro Disney, mi ha sempre fatto pensare. Tutti i personaggi insieme cercano di riportare Dumbo dalla propria mamma, tutti lottano senza preoccuparsi di perdere la “star dello spettacolo”, ciò che è realmente importante è fare la cosa giusta con amore.
Insomma, a me è piaciuto! Nonostante ci sia qualche scelta cinematografica che non mi ha convinto particolarmente, lasciandomi un po’ basita, penso sia il giusto compromesso tra la richiesta Disney e lo stile burtoniano.
Qui vi lascio il TRAILER